Chiesa Madonna in Basilica a Villa Santa Maria: Storia e Architettura

Tutto iniziò da quel finestrino. La storia di Kurt Rosenberg

La Madonna con il Cardellino: tra sogno e realtà

La Cappella Castracane e la Pala d'Altare di San Sebastiano nella Chiesa della Madonna in Basilica

La cappella, appartenente alla famiglia Castracane e unica posta sulla navata sinistra in prossimità del transetto, si presenta come uno spazio chiuso da una raffinata cancellata in ferro battuto, decorata con motivi floreali e simmetrici, arricchita da dettagli classici e una croce centrale. Al suo interno, l’altare in marmo bianco si distingue per la sua semplicità e sobrietà, al centro del quale spicca una tela raffigurante San Sebastiano, probabilmente il soggetto di devozione della cappella stessa. La volta a botte della cappella è ornata da stucchi chiari che si fondono armoniosamente con le pareti laterali, creando un’atmosfera luminosa e bilanciata. Sul pavimento si trova una lastra tombale, mentre la lapide, ubicata sulla parete laterale della tomba, recita:
"A Dio Ottimo Massimo
Xaverio Castracane
Questo sacello fu costruito ed eretto con mezzi propri,
dedicato e dotato al divino Sebastiano.
Xaverio Castracane
Questo sacello fu costruito ed eretto con mezzi propri,
dedicato e dotato al divino Sebastiano.

ottenendo le debite autorizzazioni per scavarla.
Anno del Signore 1851.”
Nel complesso, l’architettura e la decorazione della cappella riflettono uno stile elegante e funzionale, rispettoso sia della tradizione liturgica che della devozione privata.
La pala d’altare dedicata a San Sebastiano, opera di Francesco Maria De Benedictis da Guardiagrele, è un capolavoro di grande impatto visivo e simbolico. Raffigura il santo durante il suo martirio, un tema classico della pittura sacra reinterpretato con elementi stilistici che richiamano il Rinascimento. San Sebastiano è rappresentato al centro della composizione, legato a un tronco spezzato e trafitto da frecce, simbolo del suo sacrificio. Il corpo, seminudo e coperto parzialmente da un drappo azzurro, è disegnato con notevole attenzione anatomica, mettendo in risalto i muscoli in tensione e il dinamismo della posa. Il volto, sereno e contemplativo, trasmette accettazione e fede, nonostante il dolore. Lo sfondo architettonico include edifici urbani rinascimentali, con strutture ad archi e cupole, che conferiscono profondità alla scena, unendo la dimensione terrena a quella spirituale. Ai piedi del santo si trovano un drappo rosso e una spada spezzata, simboli che evocano lotta e sacrificio. Osservando l’opera, si notano alcuni interventi di restauro. Le toppe rettangolari visibili evidenziano i lavori preliminari per preservare il dipinto, probabilmente danneggiato nel corso del tempo da fattori ambientali o altri eventi. Questi restauri, che comprendono zone di colore ripristinate e rinforzi sulla tela, riflettono una sensibilità verso la conservazione del patrimonio artistico, non solo come atto di cura, ma anche come volontà di tramandare alle future generazioni un pezzo della nostra storia. Sebbene i segni del restauro siano evidenti, non intaccano il fascino dell'opera, anzi, ne accrescono il valore storico, ricordando l’importanza della tutela e del passaggio del tempo.
Mauro e Tiziana
L’Abbazia di Santa Maria in Basilica, nel comune di Villa Santa Maria, sulle rive del fiume Sangro

Questo libro nasce dal desiderio di far luce su una realtà spirituale, artistica e storica millenaria, e si fonda su documenti autentici, ricerche d’archivio, testimonianze manoscritte e papali che attestano l’importanza e la continuità di culto di questo luogo straordinario.
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Un’Abbazia più antica del Colosseo
Mentre a Roma si erigeva il Colosseo (inaugurato nell’80 d.C.), nelle montagne d’Abruzzo prendeva forma una comunità cristiana devota, attorno alla quale nacque la Chiesa di Santa Maria in Basilica. Le origini di questo luogo sacro risalgono addirittura ai primi secoli del Cristianesimo, forse ispirate o fondate da uno dei convertiti da San Pietro durante il suo passaggio nell’Italia centro-meridionale.
Mentre a Roma si erigeva il Colosseo (inaugurato nell’80 d.C.), nelle montagne d’Abruzzo prendeva forma una comunità cristiana devota, attorno alla quale nacque la Chiesa di Santa Maria in Basilica. Le origini di questo luogo sacro risalgono addirittura ai primi secoli del Cristianesimo, forse ispirate o fondate da uno dei convertiti da San Pietro durante il suo passaggio nell’Italia centro-meridionale.
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407 d.C. – La Bolla di Papa Innocenzo I
Una delle testimonianze più significative è una bolla pontificia di Papa Innocenzo I, redatta nel 407 d.C., che riconosce la legittimità del culto e l’antichità della chiesa di Santa Maria in Basilica. Questo avviene in un’epoca turbolenta e fondamentale per la Chiesa, pochi anni prima della caduta dell’Impero romano d’Occidente.
Una delle testimonianze più significative è una bolla pontificia di Papa Innocenzo I, redatta nel 407 d.C., che riconosce la legittimità del culto e l’antichità della chiesa di Santa Maria in Basilica. Questo avviene in un’epoca turbolenta e fondamentale per la Chiesa, pochi anni prima della caduta dell’Impero romano d’Occidente.
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L’appoggio di Costantino e Papa Silvestro
Le origini antichissime dell’Abbazia trovano sostegno anche nella tradizione che la collega all’imperatore Costantino il Grande († 337) e al suo pontefice, Papa Silvestro I. Un legame che rafforza il ruolo spirituale e simbolico di questo luogo nell’affermazione del Cristianesimo.
Le origini antichissime dell’Abbazia trovano sostegno anche nella tradizione che la collega all’imperatore Costantino il Grande († 337) e al suo pontefice, Papa Silvestro I. Un legame che rafforza il ruolo spirituale e simbolico di questo luogo nell’affermazione del Cristianesimo.
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Dal X al XII secolo: il Monastero Benedettino
L’Abbazia visse una nuova epoca di splendore quando, nell’XI secolo, fu affidata ai Monaci Benedettini, che vi edificarono un monastero attivo, centro spirituale, culturale e artistico. Se ne conservano ancora documenti presso l’Archivio della Casa Caracciolo di San Buono, dove si legge anche della sua distruzione, ad opera del Conte Don Alonso de Vivaro, che incendiò l'Abbazia e l’archivio dei monaci.
L’Abbazia visse una nuova epoca di splendore quando, nell’XI secolo, fu affidata ai Monaci Benedettini, che vi edificarono un monastero attivo, centro spirituale, culturale e artistico. Se ne conservano ancora documenti presso l’Archivio della Casa Caracciolo di San Buono, dove si legge anche della sua distruzione, ad opera del Conte Don Alonso de Vivaro, che incendiò l'Abbazia e l’archivio dei monaci.
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Privilegi papali e indulgenze
Nel corso dei secoli, numerosi Papi hanno riconosciuto l’importanza dell’Abbazia:
Nel corso dei secoli, numerosi Papi hanno riconosciuto l’importanza dell’Abbazia:
- Papa Silvestro I (314–335)
- Papa Innocenzo I (401–417)
- Papa Onorio I (625–638)
- Papa Clemente II (1046–1047)
Attraverso le indulgenze concesse in occasione di festività sacre — come il Venerdì Santo, la Domenica delle Palme, la festa di San Michele Arcangelo, San Biagio, San Salvatore, San Luca, e molte altre — l’Abbazia divenne meta di pellegrinaggi e luogo di remissione spirituale. La memoria del canonico Giovanni Costanzo Caracciolo, redatta nel 1693, conferma e difende queste indulgenze.
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Un diploma longobardo del 702
Altro documento eccezionale è un diploma del 702 d.C. firmato da Giusoppe, Duca di Benevento, principe dei Longobardi, che riconosce e sostiene l’Abbazia come ente sacro e spirituale nel territorio del Sangro.
Altro documento eccezionale è un diploma del 702 d.C. firmato da Giusoppe, Duca di Benevento, principe dei Longobardi, che riconosce e sostiene l’Abbazia come ente sacro e spirituale nel territorio del Sangro.
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Le reliquie e le fonti
Secondo le testimonianze manoscritte, nella Chiesa di Santa Maria in Basilica si conservavano molte reliquie di Santi. In occasione delle festività solenni, ai fedeli venivano concesse indulgenze plenarie, accrescendo il valore spirituale del luogo e attirando pellegrini da ogni parte del territorio.
Secondo le testimonianze manoscritte, nella Chiesa di Santa Maria in Basilica si conservavano molte reliquie di Santi. In occasione delle festività solenni, ai fedeli venivano concesse indulgenze plenarie, accrescendo il valore spirituale del luogo e attirando pellegrini da ogni parte del territorio.
Le informazioni riportate in quest’opera provengono da fonti autentiche:
la bolla di Papa Innocenzo I del 407, il diploma longobardo del 702, le memorie del canonico Giovanni Costanzo Caracciolo del 1693, documenti conservati presso l’Archivio della Casa Caracciolo di San Buono e l’Archivio di Stato di Napoli.
la bolla di Papa Innocenzo I del 407, il diploma longobardo del 702, le memorie del canonico Giovanni Costanzo Caracciolo del 1693, documenti conservati presso l’Archivio della Casa Caracciolo di San Buono e l’Archivio di Stato di Napoli.
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L’Abbazia di Santa Maria in Basilica, nel cuore di Villa Santa Maria, è un gioiello di fede, arte e storia che attraversa i secoli.
Questo libro — in uscita entro dicembre 2025 — vuole riportarla alla luce, onorando il passato per custodire il presente.
L’Abbazia di Santa Maria in Basilica, nel cuore di Villa Santa Maria, è un gioiello di fede, arte e storia che attraversa i secoli.
Questo libro — in uscita entro dicembre 2025 — vuole riportarla alla luce, onorando il passato per custodire il presente.
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Un sentito grazie a Marco Carbonetta, per le giornate trascorse tra faldoni e manoscritti all’Archivio di Stato di Napoli.
A Tiziana, la cui luce, inesauribile come il suo cuore, ha guidato ogni passo di questo viaggio. Se questo progetto ha preso forma e si è fatto realtà, è grazie alla sua anima generosa, alla sua passione instancabile e al suo amore che attraversa il tempo. La mia lampara, il mio faro, il mio sempre.
A Tiziana, la cui luce, inesauribile come il suo cuore, ha guidato ogni passo di questo viaggio. Se questo progetto ha preso forma e si è fatto realtà, è grazie alla sua anima generosa, alla sua passione instancabile e al suo amore che attraversa il tempo. La mia lampara, il mio faro, il mio sempre.
Mauro Carbonetta
La splendida pala d’altare di Francesco de Benedictis nella chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria

La pala d’altare si trova nella terza cappelletta sul lato destro della navata. La cappelletta è caratterizzata da una struttura architettonica raffinata, con due colonne corinzie che sorreggono un timpano spezzato. La volta a vela, arricchita da eleganti cornici, dona armonia all’ambiente, mentre un piccolo oculo al centro della parete consente l’ingresso della luce naturale, creando un’atmosfera suggestiva. Accanto all’altare, si possono osservare una statua coperta e un mobile semplice, che completano l’insieme di questo spazio sacro e raccolto. A differenza di una tela, che è generalmente un dipinto su un supporto mobile e privo di struttura architettonica propria, una pala d’altare è un elemento decorativo e funzionale integrato nell’architettura sacra, spesso accompagnato da cornici, colonne o timpani che ne valorizzano la presenza e il contesto liturgico.
L’opera raffigura un momento di intensa devozione, con una scena che collega il mondo terreno a quello celeste. In basso troviamo due figure principali:
- San Nicola di Bari, il santo vescovo, inginocchiato in preghiera con il pastorale e gli abiti episcopali, simboli del suo ruolo di guida spirituale.
- San Luigi Gonzaga, giovane santo gesuita, riconoscibile dal giglio, simbolo di purezza, e dall’abito liturgico. La sua figura rappresenta la devozione giovanile e la dedizione totale a Dio.
Sopra di loro, al centro della composizione, domina la Madonna, raffigurata su un trono di nubi, circondata da angeli che donano grazia e movimento all’opera. La Vergine simboleggia il ponte tra i santi e Dio, richiamando la sua intercessione per i fedeli.

Mentre la nebbia copre il lago in lontananza, i ricordi di Tiziana riaffiorano, portando con sé l’eco di un tempo in cui ogni cosa sembrava più viva, più vera.
Mauro e Tiziana
Il Campanile della Chiesa Madonna in Basilica a Villa Santa Maria: restauri e stratificazioni architettoniche

La parte inferiore del campanile è caratterizzata da una muratura in pietra grezza, che suggerisce una costruzione originaria di epoca medievale o rinascimentale. I blocchi di pietra irregolari sono stati disposti secondo tecniche costruttive tradizionali, mirate a garantire stabilità e durata. La presenza di una lapide in pietra con iscrizioni latine testimonia un primo restauro significativo, commissionato da Decio Caracciolo, abate e successivamente vescovo di Bari, figura di spicco legata alla storia di questa struttura.
La cella campanaria, con i suoi archi in mattoni e le cornici regolari, rappresenta un chiaro intervento successivo. Questo restauro, realizzato presumibilmente in epoca moderna, si distingue per l’uso del laterizio, un materiale più recente rispetto alla pietra calcarea originaria. Le aperture ad arco evidenziano uno stile sobrio e funzionale, tipico delle ricostruzioni post-sismiche o di interventi volti a migliorare l’efficienza strutturale.
La guglia piramidale in cemento, che si innalza sopra la cella campanaria, è un’aggiunta contemporanea, probabilmente inserita per completare esteticamente il campanile o per sostituire una struttura precedente andata perduta. La sua semplicità formale si integra visivamente con le linee essenziali del resto della struttura.
Sul lato est del campanile è incastonata una lapide incisa in pietra, che riporta l’iscrizione latina:

Decio Caracciolo, abate, realizzò questa opera
Questa iscrizione conferma che il campanile, o parte di esso, aveva subito danni e fu sottoposto a un intervento significativo, probabilmente per consolidare la struttura e restituirle funzionalità. Accanto all’iscrizione si intravede uno stemma araldico inciso nella pietra. Sebbene sia parzialmente eroso dal tempo, lo stemma potrebbe appartenere alla famiglia Caracciolo e rappresenta un elemento di grande interesse storico, suggerendo il legame diretto tra Decio Caracciolo e la comunità locale.
Il contrasto tra le diverse fasi costruttive non è solo un elemento estetico, ma anche una testimonianza di adattamenti funzionali. La base massiccia garantisce stabilità, mentre l’uso del laterizio nella parte superiore riduce il peso complessivo, migliorando la resistenza sismica. La guglia, infine, aggiunge verticalità, richiamando lo slancio verso il cielo tipico delle strutture religiose.
Il campanile della Chiesa Madonna in Basilica non è solo un elemento architettonico, ma anche un simbolo di tenacia e devozione della comunità di Villa Santa Maria. Questo monumento rappresenta l’evoluzione di un patrimonio che, nonostante il passare del tempo e le difficoltà, continua a essere un punto di riferimento per gli abitanti e per i visitatori. È un esempio tangibile di come l’architettura possa essere un ponte tra passato e presente, in equilibrio tra esigenze tecniche e valore simbolico.
Molto probabilmente, alla conclusione delle puntate, verrà pubblicato un libro digitale con approfondimenti e fotografie professionali di tutte le puntate realizzate con Tiziana. Sarà un viaggio storico-artistico nelle bellezze di Villa Santa Maria.
Il contrasto tra le diverse fasi costruttive non è solo un elemento estetico, ma anche una testimonianza di adattamenti funzionali. La base massiccia garantisce stabilità, mentre l’uso del laterizio nella parte superiore riduce il peso complessivo, migliorando la resistenza sismica. La guglia, infine, aggiunge verticalità, richiamando lo slancio verso il cielo tipico delle strutture religiose.
Il campanile della Chiesa Madonna in Basilica non è solo un elemento architettonico, ma anche un simbolo di tenacia e devozione della comunità di Villa Santa Maria. Questo monumento rappresenta l’evoluzione di un patrimonio che, nonostante il passare del tempo e le difficoltà, continua a essere un punto di riferimento per gli abitanti e per i visitatori. È un esempio tangibile di come l’architettura possa essere un ponte tra passato e presente, in equilibrio tra esigenze tecniche e valore simbolico.
Molto probabilmente, alla conclusione delle puntate, verrà pubblicato un libro digitale con approfondimenti e fotografie professionali di tutte le puntate realizzate con Tiziana. Sarà un viaggio storico-artistico nelle bellezze di Villa Santa Maria.
Tiziana e Mauro
Un altro pezzo di storia vicino alla Madonna in Basilica

Tiziana e Mauro
Un arco tamponato sul lato est della Chiesa della Madonna in Basilica

• Un accesso secondario riservato al clero, per agevolare l’entrata e l’uscita dall’abside senza interferire con l’aula principale della chiesa. • Un collegamento con edifici esterni, come un chiostro o strutture conventuali, che potevano essere integrate nella vita religiosa del luogo. • Un’apertura liturgica, utilizzata per cerimonie o processioni che coinvolgevano l’area absidale, la parte più sacra dell’edificio.
La monofora che sormonta l’arco, una stretta apertura verticale, serviva probabilmente a illuminare naturalmente l’interno della sacrestia o ad aerare l’ambiente. La sua presenza contribuisce a definire lo stile architettonico romanico, tipico delle chiese medievali. Le modifiche apportate alla struttura, tra cui il tamponamento dell’arco, furono realizzate nel corso dei secoli, probabilmente anche grazie all’intervento della famiglia Caracciolo, patroni del paese e figure chiave nella storia religiosa e architettonica di Villa Santa Maria. Tra il XVII e il XIX secolo, i
Caracciolo finanziarono lavori di ampliamento e ristrutturazione della chiesa, trasformandola in un importante luogo di culto per la comunità. È plausibile che l’arco sia stato tamponato durante uno di questi interventi, forse per adattare la parete absidale a nuove esigenze funzionali, come l’inserimento della sacrestia.

Ora che ogni giorno scendo giù per avvolgere i nostri ricordi, il tempo sembra fermarsi. Mi siedo su una panchina, e i pensieri corrono veloci. Riaffiora un tempo lontano, quando venivo qui a salutare gli ospiti della casa di riposo. Ricordo il bucato appena steso sul piazzale antistante la chiesa, che ondeggiava al vento, riempiendo l’aria di un profumo di primavera. Rivedo Giuseppe di Casoli, con il suo sorriso sincero, che raccontava la sua vita come un vecchio libro pieno di avventure. Poi si andava tutti insieme: io, Giuseppe, Sergio e Peppino Pratarelli, a giocare a carte da Onofrio. Questi luoghi, come le pietre della chiesa, continuano a custodire i frammenti di un passato che il tempo non ha mai cancellato.
Mauro e Tiziana
Un ricordo e una riflessione condivisa

Ora che vivo nel tuo ricordo, non posso fare a meno di continuare questo percorso storico-artistico che abbiamo intrapreso insieme. Ci sono luoghi che portano con sé frammenti di momenti condivisi e che, anche oggi, mi riportano a te. Di fronte alla chiesa della Madonna in Basilica, sul ciglio della strada, accanto al giardino pubblico annesso alla scuola dell’infanzia, che oggi accoglie i bambini di Villa Santa Maria e dei paesi vicini, si trova una tomba con una lapide che racchiude una storia importante e toccante.
La lapide reca questa iscrizione: «Qui riposa l’arciprete Ciriaco Di Franco, che, vero sacerdote di Cristo, insegnò costantemente al popolo con i precetti e con l’esempio di una vita illibata ed operosa la morale evangelica. Nacque in Villa Santa Maria il dì 5 settembre 1809. Morì il 12 aprile 1882». Qui riposa, dunque, l’arciprete Ciriaco Di Franco, ricordato come un uomo che “insegnò costantemente al popolo” con i suoi insegnamenti e con l’esempio di “una vita illibata ed operosa”. Fermarci davanti a questo luogo è sempre stata un’occasione per riflettere e cercare di capire il motivo della sua sepoltura in questo punto particolare, così vicino alla chiesa. Questa sepoltura, infatti, sembra contraddire l’editto di Saint-Cloud, emanato da Napoleone nel 1804 (e applicato in Italia nel 1806), che imponeva che tutte le sepolture avvenissero nei cimiteri fuori dai centri abitati. Ci siamo chiesti tante volte perché l’arciprete rimase qui e non fu sepolto successivamente nel cimitero comunale, in conformità con le normative vigenti. Fo
rse fu una decisione voluta dalla comunità o dalle autorità ecclesiastiche, un gesto per rendere omaggio a una figura così significativa per il paese. Oppure, chissà, potrebbe essere stato un desiderio espresso dallo stesso arciprete. In ogni caso, questa scelta racconta qualcosa di profondo: il rispetto e la gratitudine verso un uomo che aveva lasciato un segno indelebile nella sua comunità. L’editto napoleonico mirava a cambiare le tradizioni, vietando le sepolture accanto alle chiese per motivi di igiene e ordine pubblico. Tuttavia, in Italia, soprattutto nei piccoli centri, le regole vennero a volte interpretate con flessibilità, specialmente per personalità di grande rilievo. La sepoltura dell’arciprete Ciriaco Di Franco ne è un esempio: un atto che sembra voler mantenere vivo il suo ricordo nel cuore del paese. Seduto su una panchina, mi rendo conto che vivere nel tuo ricordo significa, in un certo senso, portare avanti la tua luce nei miei giorni. È come se la tua presenza si riflettesse nei piccoli gesti quotidiani, nei sorrisi che incontro e nelle storie che raccontiamo. Custodire il tuo ricordo è un modo per sentirti vicino, anche nelle distanze che il tempo ha voluto creare.

Tiziana e Mauro
La “Crocetta” di Villa Santa Maria: un simbolo di tradizione

Lungo la strada, a circa 200 metri dalla Chiesa della Madonna in Basilica, si trova quella che gli abitanti di Villa Santa Maria chiamano semplicemente la "Crocetta". Questo piccolo ma significativo simbolo religioso è composto da una croce in ferro che poggia su una base solida in pietra, immersa tra gli ulivi e il verde circostante e costeggia la strada.
La croce in ferro, probabilmente risalente al XIX o XX secolo, potrebbe essere stata realizzata da un fabbro locale, mentre la base in pietra, più antica, potrebbe risalire al XVIII o XIX secolo. La lavorazione semplice ma robusta della base testimonia l’intento di creare una struttura duratura, capace di resistere al tempo.
Lo stile della croce, essenziale e lineare, riflette il gusto sobrio e funzionale tipico delle opere rurali, dove la semplicità serviva anche a sottolineare la spiritualità genuina e priva di orpelli. Il ferro veniva prediletto per la realizzazione delle croci grazie alla sua resistenza agli agenti atmosferici, ma anche per la facilità di lavorazione che consentiva ai fabbri locali di realizzare manufatti solidi e duraturi, adatti a sopportare l’usura del tempo. Inoltre, il ferro, spesso ricavato da materiali di recupero, rappresentava un esempio di economia e pragmatismo tipico delle comunità agricole.
Si pensa che la Crocetta possa essere stata un’edicola votiva, legata alle antiche tradizioni devozionali della zona. Potrebbe aver avuto un ruolo importante durante le processioni chiamate passate, momenti di preghiera collettiva che scandivano la vita spirituale della comunità. Le passate non erano semplici camminate religiose, ma rappresentavano una forma profonda di devozione, in cui il percorso stesso diventava un momento di riflessione. Questi momenti collettivi rafforzavano il senso di appartenenza e il legame spirituale tra i partecipanti, trasformando il cammino in una celebrazione condivisa della fede e dei valori comunitari. Molto probabilmente, tale Crocetta era un’altra sosta delle cosiddette passate, che venivano puntualmente fatte proprio in virtù della Madonna in Basilica.
Quel simbolo è sempre stato lì, immutabile nel tempo, senza che mai nessuno lo spostasse o osasse modificarlo. Ogni volta che ci fermavamo ad ammirarlo, dicevamo quasi istintivamente: “Menomale che è ancora lì, menomale che nessuno l’abbia toccato.” Sembrava un segno di continuità, un legame indissolubile con il passato che resisteva alle trasformazioni del presente.
Ricordo ancora Tiziana che, con la sua bicicletta, percorreva quella strada in un silenzio carico di pace. Il sole filtrava tra gli ulivi, giocando con i raggi sul suo volto sereno. Ogni tanto si fermava, lasciava la bicicletta accostata e contemplava questo simbolo con uno sguardo che sembrava abbracciare il tempo. Forse in quel momento parlava con l’anima di quei luoghi, con i passi di chi l’aveva preceduta e con la storia che quel simbolo ancora custodisce.
Mauro e Tiziana
Le meraviglie artistiche della Chiesa della Madonna in Basilica a Villa Santa Maria

La Pentecoste: ubicata nella navata destra, l'opera raffigura la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e sulla Vergine Maria. La scena, dinamica e circolare, ruota intorno alla colomba dello Spirito Santo, posta al centro, da cui si irradiano fasci di luce divina. Gli Apostoli, disposti in semicerchio attorno a Maria, mostrano espressioni di stupore e venerazione. I colori predominanti sono il blu cobalto, il rosso carminio e una varietà di terre naturali, tra cui tonalità ocra e brune. Spiccano l’uso del giallo di Napoli e del giallo di cromo, che illuminano la composizione, valorizzando i dettagli delle fiammelle simboliche e delle aure divine.

Lo stile manierista nelle opere di De Benedictis Parlando con Tiziana, abbiamo condiviso la nostra riflessione sullo stile manierista che emerge chiaramente in queste tele. Questo movimento artistico, nato tra la fine del Rinascimento e l’inizio del Barocco, si caratterizza per eleganza, proporzioni allungate e composizioni teatrali, elementi che si ritrovano nelle opere di De Benedictis. In “La Pentecoste”, i gesti drammatici degli Apostoli e l’armonia cromatica ricercata evidenziano il legame con il manierismo. Allo stesso modo, in “L’Adorazione dei Magi”, la teatralità delle pose e la brillantezza dei dettagli, come gli abiti e i doni, coinvolgono emotivamente lo spettatore, immergendolo nella narrazione sacra. Il manierismo si riflette anche nella tecnica pittorica: l’uso delle velature, il chiaroscuro sofisticato e la scelta di colori intensi e raffinati, donano alle opere profondità e un fascino unico.
Le due tele furono commissionate tra la metà e la fine dell’Ottocento, periodo in cui le comunità locali, spesso attraverso confraternite o il clero, promuovevano la realizzazione di opere sacre per adornare le chiese e ispirare la devozione dei fedeli. De Benedictis collaborava strettamente con i committenti, recependo le esigenze spirituali e culturali della comunità e integrando nelle sue opere simboli legati alle tradizioni locali. Non era raro che le richieste venissero avanzate con grande anticipo, coinvolgendo anche più famiglie della comunità per raccogliere i fondi necessari. L’artista, attraverso bozzetti preliminari e continui confronti con i committenti, riusciva a trasporre su tela le aspettative spirituali e artistiche della sua epoca.
Sia io che Tiziana, grandi appassionati di storia dell'arte e di tutto ciò che riguarda l'arte, abbiamo sempre trovato affascinante il modo in cui artisti come De Benedictis riuscissero a combinare maestria tecnica e profonda spiritualità, rispondendo con le loro opere ai bisogni devozionali di intere comunità.
Le due tele della Chiesa della Madonna in Basilica non sono solo capolavori di tecnica e stile, ma rappresentano un ponte tra arte e tradizione, una testimonianza di come l’arte possa incarnare valori profondi e universali.
Visitare la Chiesa della Madonna in Basilica significa immergersi in un’esperienza unica, tra storia, arte e cultura.
Non è la fine del nostro viaggio artistico, poiché continueremo a scoprire le altre meraviglie storiche e artistiche di Villa Santa Maria. A Tiziana, compagna insostituibile di vita e del nostro viaggio artistico, che ha reso ogni passo un ricordo indelebile. Ogni pennellata, ogni sfumatura di queste tele ci ricorda che l’arte è il linguaggio eterno delle emozioni e dei legami più profondi.
Tiziana e Mauro
L’organo a canne della Chiesa della Madonna in Basilica: un gioiello di arte e musica

Realizzato alla metà del 1800, l’organo riflette l’eccellenza della tradizione organaria italiana dell’epoca. L’organo a canne, situato su una cantoria sopraelevata sopra l’ingresso principale della chiesa, è un capolavoro che unisce arte, tecnica e spiritualità. La cantoria è sostenuta da colonne classiche con capitelli sobri ma eleganti, perfettamente integrate nell’architettura interna della chiesa. Questi elementi strutturali non solo svolgono una funzione pratica, ma contribuiscono a definire un equilibrio visivo tra l’ambiente liturgico e l’imponenza dell’organo. La cantoria è decorata con fregi e dipinti che raffigurano temi celestiali, tra cui spiccano i putti sulla balaustra. Queste figure infantili, rappresentate con strumenti musicali come cetre e flauti, evocano un senso di purezza spirituale e leggerezza. I putti, dipinti all’interno di medaglioni circondati da cornici decorative, sembrano accompagnare l’organo con un simbolico coro celeste, richiamando l’armonia della musica sacra. La cassa lignea dell’organo, con intagli dorati e motivi floreali, richiama elementi dello stile rococò, visibile nelle volute e nei dettagli vegetali. Il frontone spezzato, arricchito da trafori che filtrano la luce, introduce invece richiami al neoclassicismo, creando un raffinato equilibrio tra opulenza e linearità. La tastiera, composta da 50 tasti a ottava corta, permette di estendere la gamma musicale a partire dalle note gravi, eliminando alcune delle note meno utilizzate nelle tonalità liturgiche. La pedaliera di 9 tasti, anch’essa a ottava corta, arricchisce l’esecuzione con tonalità profonde, creando una dimensione sonora ricca e complessa. La disposizione ergonomica facilita i passaggi tra tastiera e pedaliera, garantendo fluidità e precisione. L’organo possiede 21 canne di facciata, realizzate in una lega di stagno e piombo, disposte simmetricamente per creare un impatto visivo armonioso. Dietro di esse si trovano le canne dei registri interni, progettati per produrre una vasta gamma di timbri sonori. Questi registri consentono di imitare strumenti come trombe, flauti o viole, oppure di generare suoni puri e armonici, ideali per l’accompagnamento liturgico. Il sistema di alimentazione è composto da due mantici, che producono un flusso d’aria costante per alimentare le canne. Il flusso è distribuito ai registri attraverso i somiere, suddivisi in sezioni per ottimizzare la gestione dell’aria. La trasmissione meccanica, composta da una rete di tiranti, leve e catenacci, garantisce una risposta immediata, consentendo all’organista di controllare dinamicamente volume e intensità sonora.
L’organo della Chiesa della Madonna in Basilica non è solo uno strumento musicale, ma un mezzo di elevazione spirituale. La sua musica, unita alla bellezza dei putti, trasmette un’atmosfera di raccoglimento e devozione, rendendo ogni celebrazione un momento di profonda comunione con il divino.
Anche oggi abbiamo raccontato umilmente un altro pezzo di storia del nostro paese. Questa storia, fatta di arte e musica, si intreccia dolcemente nel tuo ricordo, Tiziana.
Come le note di un organo che vibrano nell’aria, anche tu rimani presente, una melodia che mi accompagnerà per sempre, fino all’ultima nota della mia vita.
Come le note di un organo che vibrano nell’aria, anche tu rimani presente, una melodia che mi accompagnerà per sempre, fino all’ultima nota della mia vita.
Mauro e Tiziana
La Statua della Madonna in Basilica: il Tesoro di Fede e Arte di Villa Santa Maria

La statua lignea della Madonna col Bambino, custodita nella chiesa della Madonna in Basilica, è un’opera d’arte straordinaria, capace di unire maestria tecnica e intensità spirituale. Questa scultura, probabilmente realizzata tra il XIV e il XV secolo, rappresenta un perfetto esempio dell’arte sacra italiana, dove il legno, i colori e i dettagli simbolici si fondono per dare vita a una rappresentazione mariana carica di emozione e significato.
L’opera è stata intagliata in legno, probabilmente di pioppo o tiglio, materiali ampiamente utilizzati nell’arte sacra per le loro caratteristiche specifiche. Il pioppo, con la sua grana fine e compatta, era apprezzato per la facilità di lavorazione e per la sua capacità di resistere nel tempo. Il tiglio, invece, è noto per la sua leggerezza e omogeneità, ideale per dettagli raffinati come i tratti del volto e le pieghe del manto.
Il legno è stato accuratamente stagionato per evitare crepe o deformazioni nel corso del tempo, dimostrando una profonda conoscenza delle proprietà dei materiali da parte dello scultore. Sulla superficie lignea è stato poi applicato uno strato preparatorio di gesso e colla animale, indispensabile per accogliere i colori e preservarne la brillantezza.
La policromia dell’opera esalta ogni dettaglio, trasformando il legno in un supporto vibrante e ricco di significato. I pigmenti naturali utilizzati testimoniano l’abilità degli artigiani nel coniugare bellezza e durata:
L’opera è stata intagliata in legno, probabilmente di pioppo o tiglio, materiali ampiamente utilizzati nell’arte sacra per le loro caratteristiche specifiche. Il pioppo, con la sua grana fine e compatta, era apprezzato per la facilità di lavorazione e per la sua capacità di resistere nel tempo. Il tiglio, invece, è noto per la sua leggerezza e omogeneità, ideale per dettagli raffinati come i tratti del volto e le pieghe del manto.
Il legno è stato accuratamente stagionato per evitare crepe o deformazioni nel corso del tempo, dimostrando una profonda conoscenza delle proprietà dei materiali da parte dello scultore. Sulla superficie lignea è stato poi applicato uno strato preparatorio di gesso e colla animale, indispensabile per accogliere i colori e preservarne la brillantezza.
La policromia dell’opera esalta ogni dettaglio, trasformando il legno in un supporto vibrante e ricco di significato. I pigmenti naturali utilizzati testimoniano l’abilità degli artigiani nel coniugare bellezza e durata:
Manto della Madonna: Dipinto con un blu intenso, simbolo del cielo e della purezza divina, il manto è decorato con stelle dorate, emblema di protezione e regalità mariana. Questo blu, ottenuto da pigmenti preziosi come l’azzurrite o, in casi più prestigiosi, il lapislazzuli, conferisce al manto una luminosità unica. La doratura delle stelle è realizzata con foglia d’oro, applicata con cura per donare riflessi vivi e luminosi.
Veste del Bambino: La tonalità azzurra della veste richiama l’innocenza e la pace, con decorazioni dorate che richiamano la regalità e la divinità del Bambino Gesù.
I volti della Madonna e del Bambino sono resi con una delicatezza straordinaria, utilizzando tonalità naturali ottenute da ocra rossa, ocra gialla e bianco di piombo, arricchite da tocchi di cinabro per le guance e le labbra. Questo trattamento cromatico dona ai volti una vivacità e un calore che sembrano avvicinare il divino all’umano.
Le corone dorate della Madonna e del Bambino sono veri e propri gioielli artistici. Realizzate con tecniche di cesellatura e doratura, presentano una lavorazione ricca e minuziosa che riflette l’abilità degli orafi dell’epoca.
Nella mano della Madonna troviamo un giglio, simbolo di purezza e fedeltà, realizzato con una precisione tale da sembrare quasi reale. Il rosario in perle bianche, con la sua lucentezza opaca, invita alla preghiera e alla riflessione, rendendo l’opera un ponte tra la bellezza visiva e la devozione spirituale
Il volto della Madonna è intenso e protettivo, con uno sguardo che sembra osservare e accogliere chiunque si fermi ad ammirarla. I suoi tratti, delicati e ben proporzionati, trasmettono una serenità che avvolge e conforta, come se volesse ricordare la presenza costante di una madre divina. La leggera inclinazione del capo e la profondità degli occhi invitano alla meditazione e alla preghiera.
Il Bambino Gesù, invece, ha un’espressione dolce e vivace. Il suo sguardo sembra incrociare quello del fedele, creando una connessione diretta e personale. La posizione della mano destra, che richiama un gesto di benedizione, e il piccolo libro che tiene nella sinistra, simbolo della Parola divina, rafforzano il messaggio spirituale dell’opera. I volti della Madonna e del Bambino insieme creano un dialogo silenzioso, un invito alla fiducia e alla speranza.
La statua della Madonna col Bambino è custodita in una nicchia illuminata, incastonata nella struttura muraria della chiesa. Questa teca, con il suo design semplice ma elegante, è studiata per valorizzare al massimo la bellezza dell’opera. La luce, posizionata strategicamente sopra la statua, crea un’aura luminosa che accentua i colori e i dettagli dorati, conferendo alla scultura un aspetto quasi soprannaturale.
Le corone dorate della Madonna e del Bambino sono veri e propri gioielli artistici. Realizzate con tecniche di cesellatura e doratura, presentano una lavorazione ricca e minuziosa che riflette l’abilità degli orafi dell’epoca.
Nella mano della Madonna troviamo un giglio, simbolo di purezza e fedeltà, realizzato con una precisione tale da sembrare quasi reale. Il rosario in perle bianche, con la sua lucentezza opaca, invita alla preghiera e alla riflessione, rendendo l’opera un ponte tra la bellezza visiva e la devozione spirituale
Il volto della Madonna è intenso e protettivo, con uno sguardo che sembra osservare e accogliere chiunque si fermi ad ammirarla. I suoi tratti, delicati e ben proporzionati, trasmettono una serenità che avvolge e conforta, come se volesse ricordare la presenza costante di una madre divina. La leggera inclinazione del capo e la profondità degli occhi invitano alla meditazione e alla preghiera.
Il Bambino Gesù, invece, ha un’espressione dolce e vivace. Il suo sguardo sembra incrociare quello del fedele, creando una connessione diretta e personale. La posizione della mano destra, che richiama un gesto di benedizione, e il piccolo libro che tiene nella sinistra, simbolo della Parola divina, rafforzano il messaggio spirituale dell’opera. I volti della Madonna e del Bambino insieme creano un dialogo silenzioso, un invito alla fiducia e alla speranza.

Il vetro che protegge la statua non è soltanto una misura di conservazione, ma contribuisce anche a separare simbolicamente il sacro dal profano, invitando i fedeli a contemplare con rispetto e devozione. Ogni riflesso sul vetro sembra intrecciarsi con le linee della scultura, aggiungendo un senso di profondità e dinamismo.
La statua poggia su una base lignea finemente decorata, dipinta in toni scuri con bordature dorate, che creano un contrasto perfetto con le tonalità brillanti del manto e della veste della Madonna. Questa base non è solo un supporto fisico, ma parte integrante dell’opera, pensata per esaltare la regalità e la solennità della figura mariana.
La statua poggia su una base lignea finemente decorata, dipinta in toni scuri con bordature dorate, che creano un contrasto perfetto con le tonalità brillanti del manto e della veste della Madonna. Questa base non è solo un supporto fisico, ma parte integrante dell’opera, pensata per esaltare la regalità e la solennità della figura mariana.
Il pavimento della nicchia, decorato con motivi geometrici semplici ma armoniosi, aggiunge un tocco di delicatezza al contesto complessivo, richiamando lo stile tradizionale degli interni delle chiese locali. Ammirandola, si percepisce non solo la maestria tecnica dell’artista, ma anche l’intensità del messaggio spirituale che quest’opera trasmette da secoli.
Ogni volta che guardo questa statua penso a quella tela incompiuta... Quella scintilla di entusiasmo che ci spingeva a creare sembra essersi dissolta nel vuoto che hai lasciato. Senza di te, l’ispirazione si è fatta ombra, e ogni pennellata sembra ormai troppo distante. Forse sarà il tempo a decidere quando sarà il momento di ripartire, ma in questo istante, non posso fare altro che ascoltare il silenzio che ci separa, un silenzio che pesa come una vita intera.
Mauro e Tiziana
Radiografia a Domicilio nel Sangro-Aventino: Servizio per Anziani e Fragili

Ha già superato quota 60. Tanti sono, finora, gli esami radiologici eseguiti a domicilio dall’équipe territoriale del Sangro-Aventino che ha sviluppato un progetto ispirato all’attualissima sanità di prossimità, un modello di assistenza che mira a portare i servizi di salute più vicino possibile ai cittadini. E a essere privilegiate sono le persone non autosufficienti, con ridotta mobilità, residenti nelle aree più isolate e disagiate, e magari sole e impossibilitate a raggiungere un presidio sanitario.
Il nuovo servizio è stato avviato dalla Asl Lanciano Vasto Chieti nell’ambito del progetto "Ambulatorio di comunità per la presa in carico della fragilità” ,
Chiusura convitto femminile all'alberghiero "Marchitelli": la CISL scrive alla scuola e agli enti, la dirigente replica

Vi portiamo ancora una volta all’interno della Chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria

Dall’esterno, la pietra rustica della facciata avvolge il vetro, rendendolo un elemento perfettamente integrato nell’architettura storica.
Questa vetrata
circolare raffigura un Agnello Mistico, un simbolo ricco di interpretazioni.
L’Agnello rappresenta un sacrificio universale e un messaggio di pace. Il vessillo crociato può essere visto come una vittoria sulla sofferenza e un invito alla speranza. Il monogramma “PX” (Chi-Rho) richiama un legame con la storia e la tradizione antica.
L’altare sotto l’Agnello suggerisce un gesto di offerta e unione.

Ma non finisce qui! Nei prossimi aggiornamenti vi parleremo di due elementi davvero speciali: la splendida statua della Madonna, un'opera lignea dipinta (vi sveleremo anche la natura chimica dei suoi colori), con movimenti simmetrici di rara fattura artistica, simbolo di fede e tradizione, e il magnifico organo, un capolavoro di arte e ingegno che vale la pena scoprire.
Cara Titti, la nostra ricerca ci ha avvolti, incantati, come un filo invisibile che intreccia passato e presente. Con umiltà, continueremo a narrarla attraverso queste pagine, e forse, un giorno, prenderà forma in una raccolta rilegata, dove i segreti della scultura, degli stucchi, delle pitture e dei rari affreschi del nostro paese troveranno dimora. Ora, mentre il buio e il freddo di questa giornata d’inverno cedono il passo alla notte, l’assenza si posa sul cuore come un’ombra silenziosa, spezzandolo e accarezzandolo insieme.
Tiziana e Mauro