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Palazzo Spaventa: un capolavoro Liberty a Villa Santa Maria
Capolavoro Liberty a Villa Santa Maria
All’ingresso di Villa Santa Maria si erge il magnifico Palazzo Spaventa, un’elegante testimonianza dello stile Liberty, che ha lasciato un segno profondo nell’architettura italiana dei primi decenni del Novecento.
Questo edificio colpisce per l’armonia delle sue forme e la ricercatezza dei dettagli, tipiche del movimento Liberty, ispirato ai motivi sinuosi e floreali della natura.
I balconi arrotondati, sorretti da mensole scolpite con volute e figure antropomorfe, catturano lo sguardo e sembrano sospesi nel tempo, raccontando storie di un’epoca passata. Le decorazioni in altorilievo, presenti sui portoni e sulle cornici, sono un’espressione di rara e preziosa maestria artigianale.
Il portone principale è un autentico gioiello: realizzato in legno massiccio di ciliegio, conserva intagli di straordinaria precisione. Motivi floreali si intrecciano con mascheroni scolpiti, evocando antiche credenze legate alla protezione della casa o semplicemente il gusto decorativo dell’epoca.
La facciata, impreziosita da ghirlande e cornici in rilievo che incorniciano porte e finestre, regala un’impressione di movimento e leggerezza. Nonostante il passare del tempo abbia lasciato qualche segno sugli intonaci, Palazzo Spaventa conserva intatta la sua dignità e il suo fascino.
Il Liberty, noto anche come Stile Floreale, si diffuse in Italia agli inizi del ‘900 e si caratterizzò per linee morbide e curve eleganti, ispirate alla natura, con una straordinaria attenzione ai dettagli decorativi e alla lavorazione artigianale. Palazzo Spaventa rappresenta un esempio eccellente di questo stile, che merita di essere scoperto, valorizzato e protetto.
Anche questa domenica, avvolta dalle nuvole grigie, giunge al suo tramonto.
Il freddo e questa tristezza velata di solitudine hanno un sapore che si posa lieve sui ricordi, avvolgendoli in un manto di quiete, come se quel silenzio volesse ancora parlare di noi, delle nostre storie mai concluse e dei sogni che non smettono di vivere.
Mauro e Tiziana
Davanti a un’opera senza tempo
Portale antico in pietra
Io e Tiziana ci siamo fermati tante volte davanti a questo portale, lungo la strada che conduce alla Chiesa della Madonna in Basilica. Ogni volta ci interrogavamo: quando sarà stato realizzato?
Il capitello, scolpito in bassorilievo sulla sommità delle due colonne, presenta volute sinuose che richiamano vagamente lo stile barocco. Tuttavia, la sobrietà della composizione e l’assenza di ornamenti eccessivi lasciano supporre una realizzazione più tarda, forse verso la fine dell’Ottocento, in un’epoca in cui l’arte cercava di reinterpretare i modelli del passato. La pietra locale, ormai segnata dal tempo, narra la dedizione di mani esperte che hanno saputo creare un’opera essenziale ma incredibilmente raffinata.
Osservando le volute e la simmetria dei dettagli, un giorno mi rivolsi a Tiziana chiedendole: “Ma questo portale sarà stato costruito in pieno periodo barocco, quando si puntava a stupire con gli ornamenti, oppure alla fine dell’Ottocento, quando si tentava di recuperare e reinterpretare gli stili antichi?”. Lei mi guardò, con il suo sguardo che lasciava sempre spazio alle domande, e sorridendo rispose: “Forse il bello è proprio questo: non saperlo, e lasciare che il mistero resti intatto.”
Invito tutti coloro che percorrono questa strada ogni giorno a fermarsi, anche solo per un istante, e ad osservare attentamente quest’opera che resiste al tempo. Forse anche voi troverete ispirazione in questi dettagli, capaci di raccontare storie e sollevare domande ancora senza risposta.
Tiziana e Mauro
Un'antica edicola o una costruzione commemorativa?
Antica edicola
A pochi passi dalla chiesa della Madonna in Basilica, sul lato est, si trova una piccola struttura in rovina che potrebbe essere stata un’edicola votiva o una costruzione commemorativa. La sua vicinanza alla chiesa racconta una connessione spirituale e simbolica, radicata nel cuore della comunità locale.
L’edicola votiva: un segno di devozione e speranza
Le edicole votive, piccole costruzioni sacre, erano un tempo luoghi dove si rendeva omaggio a una divinità o si ricordava un evento significativo della vita comunitaria. Potrebbero aver ospitato immagini sacre o statuette, e le persone si fermavano lì per pregare, fare offerte o esprimere la propria gratitudine per una grazia ricevuta. In questo angolo nascosto, lontano dai riflettori, si conservano le tracce di un’antica pratica di fede che dava senso e speranza alla vita quotidiana. La sua posizione accanto alla chiesa rafforza il legame tra il mondo materiale e quello spirituale, come se l’edicola rappresentasse un piccolo punto di raccordo tra la sacralità e la vita comune.
Se fosse una costruzione commemorativa
Se, invece, questa struttura in rovina fosse un monumento commemorativo, allora diventerebbe un segno tangibile di un evento importante nella storia della comunità, un atto di ricordo e rispetto per chi è passato. Le costruzioni commemorative erano erette per celebrare vittorie, personaggi illustri o momenti significativi che avevano segnato un’epoca. Questa rovina, con la sua pietra consumata dal tempo, potrebbe raccontare la storia di un sacrificio, di un coraggio o di una persona che ha segnato la vita di chi viveva in queste terre. La sua vicinanza alla chiesa potrebbe anche suggerire un legame con eventi sacri o storici, un punto di riferimento che simboleggia l’incontro tra il ricordo terribile e la speranza spirituale.
Cosa ci raccontano le sue pietre?
La base in pietra locale, lavorata con tecniche tradizionali, sembra risalire a secoli passati. La parte superiore, con i mattoni rossi e l’intonaco, aggiunti in epoche più recenti, racconta di interventi di restauro, per preservare questa memoria nel tempo.
Tutte queste riflessioni sono, tuttavia, solo supposizioni basate su osservazioni personali e su una conoscenza del territorio che non è supportata da documentazioni storiche concrete. Non possiamo affermare con certezza che questa struttura fosse un’edicola votiva o una costruzione commemorativa; ciò che resta è il fascino del mistero che avvolge questi resti. Le nostre ipotesi si fondano sull’interpretazione di segni e tracce visibili, ma senza prove documentali certe, lasciamo aperta la porta alla possibilità che possa trattarsi di qualcosa di diverso.
Gli antichi forni, le cosiddette "pincere"
Non è improbabile che i mattoni usati per il restauro siano stati prodotti negli antichi forni, le cosiddette pincere, che un tempo animavano la vita di Villa Santa Maria. Questi forni, utilizzati per produrre mattoni e calce, erano centri vitali di lavoro e tradizione. Ogni mattone che ha contribuito alla costruzione di questa struttura racconta una storia di mani sapienti, fatiche e dedizione, legando il passato della comunità al presente.
Le pincere si trovano a circa 400 metri dalla chiesa della Madonna in Basilica, in prossimità del fiume Sangro. La vicinanza all’acqua era fondamentale per alimentare i forni e per l’estrazione della calce, un elemento chiave nella costruzione degli edifici locali. La posizione strategica di queste strutture favoriva la produzione dei mattoni, indispensabili per il restauro e la costruzione delle case e chiese della zona.
Oltre alla loro funzione produttiva, le pincere erano anche luoghi di incontro, dove i lavoratori, spesso intere famiglie, si univano nel duro lavoro quotidiano. Oggi, ciò che resta di queste strutture racconta la tradizione edilizia e l’impegno della comunità locale, che ha plasmato con fatica e passione il territorio e la sua storia.
Mentre i rintocchi della campana scandiscono le tre del pomeriggio, il vento accarezza il viso freddo, portando con sé frammenti di storie e ricordi. Seduto qui, accanto a questa struttura circondata dall’edera che sembra abbracciarla per proteggerla, immagino le mani che hanno scolpito la pietra, il calore dei forni delle pincere e le voci di chi, un tempo, ha vissuto questi luoghi.
Ogni crepa, ogni mattone raccontano il passaggio del tempo.
Il vento freddo accarezza anche il sorriso di un bambino che vedo uscire dalla scuola dell'infanzia e che mi saluta, come se il passato e il presente si incontrassero in un abbraccio silenzioso.
Tiziana e Mauro
Antichi resti davanti alla Madonna in Basilica: storia e dettagli

Colonna anticaContinuiamo il nostro viaggio tra il ricordo e la memoria, alla scoperta di frammenti che raccontano le radici più antiche di Villa Santa Maria. Nel piazzale antistante la chiesa della Madonna in Basilica si trovano questi affascinanti resti: una base e un tronco di colonna che custodiscono storie di un passato lontano.
Questi elementi, realizzati in pietra locale, potrebbero risalire a un periodo compreso tra l’epoca romana tardoimperiale e il medioevo cristiano. Si ritiene che appartenessero a un edificio sacro preesistente all’attuale chiesa della Madonna in Basilica. La loro presenza testimonia la continuità di un luogo trasformato e tramandato nel tempo.
Caratteristiche tecniche della colonna e della base
  • La base: scolpita con cura, presenta una forma circolare con un incavo centrale che serviva ad alloggiare il fusto della colonna. Questo dettaglio rivela la precisione delle tecniche antiche per garantire stabilità e armonia architettonica.
  • Il fusto della colonna: parzialmente conservato, mostra segni evidenti di lavorazione manuale. È probabile che la colonna, originariamente più alta, fosse parte di una struttura decorativa o portante legata a una cappella o basilica paleocristiana.
Questi frammenti, oggi esposti nel piazzale, sono un piccolo ma significativo simbolo di una memoria che attraversa i secoli. La loro collocazione attuale ci consente di osservare da vicino testimonianze materiali di un passato intrecciato con la tradizione locale.
Colonna anticaFermatevi a osservare questi resti antichi: sono come pagine di un libro che racconta storie di cultura e artigianato, lasciandoci immaginare come poteva essere il passato di questo luogo tanto caro alla comunità.
Nel frattempo, mentre i ricordi si affollano,
un venticello freddo gioca lieve tra i fili d’erba,
accarezzati dagli ultimi raggi di sole di questo giorno particolare.
Tiziana e Mauro.
Il segreto delle colonne: frammenti di fede e arte nella Chiesa della Madonna in Basilica
Colonna affrescata
Così come promesso qualche giorno fa, voglio raccontarvi di un frammento che io e Tiziana scorgemmo durante una visita alla Chiesa della Madonna in Basilica. Sicuramente era già stato notato da altri, ma quel giorno ci ripromettemmo di approfondire e scrivere qualcosa. Questo affresco ci ha sempre emozionato profondamente, forse per il modo in cui i suoi colori riaffiorano delicatamente dalla pietra o per il pensiero che una semplice malta, composta da calce spenta e sabbia di fiume, possa trasformarsi nel tempo in una superficie resistente, capace di durare per l’eternità.
La Chiesa della Madonna in Basilica di Villa Santa Maria presenta un interno a tre navate, databile tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX secolo. Le colonne che dividono le navate si collocano in questo contesto cronologico e mostrano caratteristiche tipiche dell’architettura neoclassica. Questi elementi, in muratura intonacata, uniscono funzionalità e armonia estetica.
Su una di queste colonne divisorie si trova un frammento di affresco antico, parzialmente nascosto sotto strati di malta e intonaco aggiunti nel tempo. I colori caldi e le tonalità di rosso bruno, ocra e marrone lasciano intravedere una rappresentazione pittorica che potrebbe essere legata alla devozione mariana o a un ciclo simbolico della tradizione cristiana. Questo frammento, per quanto limitato, testimonia una decorazione pittorica risalente probabilmente a un’epoca precedente alla ristrutturazione ottocentesca della chiesa.
Alla base di questa colonna, si trova una lapide datata 1856, che racconta la struggente storia di Luigi De Cicco, un giovane di soli 20 anni. L’iscrizione recita:
“A Luigi De Cicco
nato il 4 luglio 1836
e spento in età di 20 anni
il giorno 15 novembre 1856
figlio d’esemplare bontà e di dolcezza di costumi
a conforto dei suoi genitori
pose questo marmo il padre inconsolabile.”
La lapide fu voluta dal padre di Luigi, che volle tramandare la memoria del figlio attraverso queste parole piene di dolore e affetto. Luigi viene descritto come un giovane di grande bontà e dolcezza, qualità che dovevano aver lasciato un segno indelebile nella sua famiglia e nella comunità locale. Il dolore del padre, definito “inconsolabile”, emerge chiaramente dall’iscrizione, rendendo questa lapide non solo un ricordo personale, ma anche un simbolo universale del legame indissolubile tra genitori e figli.
Io e Tiziana abbiamo sempre pensato che sotto la malta di intonaco che ricopre ogni colonna della chiesa potrebbero celarsi altri frammenti di affresco. E chissà, forse queste immagini nascoste potrebbero raccontarci molto di più di una singola storia: un percorso religioso e artistico che unisce generazioni di fedeli e artisti in un dialogo senza tempo.
La tecnica pittorica dell’affresco utilizzata per il frammento si basa sull’applicazione di pigmenti minerali su intonaco fresco, permettendo ai colori di legarsi chimicamente alla superficie. Questo procedimento garantiva una notevole durata nel tempo, anche se molti affreschi, come questo, sono stati parzialmente nascosti dalle successive stratificazioni di malta.
Questi frammenti riaffiorati ci ricordano quanto sia importante preservare il patrimonio storico e artistico delle nostre chiese. Ogni elemento – che si tratti di una colonna, di una lapide o di un frammento di affresco – può raccontare una storia ricca di significato, pronta a essere riscoperta.
Cara Tiziana, sono felice che oggi io ti ricordi attraverso il legame che abbiamo condiviso, intrecciato con la storia silenziosa di questo luogo che porta ancora la tua presenza. È una felicità che si mescola a una tristezza infinita, come un dolce ricordo che non smette di toccare il cuore.
Mauro e Tiziana
L'orologio solare di Villa Santa Maria: un simbolo dimenticato da riscoprire
Orologio solare
All’ingresso di Villa Santa Maria, precisamente a ridosso di Via Gradini Ponte, si trova un’incisione circolare scolpita su una parete di arenaria, a circa 30 metri di altezza dal suolo. Si tratta di una meridiana o orologio solare, un antico strumento che sfruttava la posizione del sole per misurare il trascorrere del tempo.
Secondo l’esperto di meridiane Nicola Severino, questa incisione potrebbe essere stata realizzata tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. La datazione suggerisce che la meridiana fosse un punto di riferimento per la comunità locale in un periodo in cui gli orologi meccanici non erano ancora diffusi nelle case di tutti.
La meridiana è uno strumento che, tramite un’asta (detta gnomone), proietta l’ombra del sole su una superficie graduata, indicando così l’ora del giorno. Nel caso della meridiana di Villa Santa Maria, l’asta originaria non è più visibile, ma l’incisione circolare con le linee radiali, che probabilmente rappresentano le ore, è ancora ben conservata.
Questo tipo di orologio aveva una funzione pratica fondamentale: aiutava gli abitanti a organizzare le loro giornate, specialmente in un contesto rurale come quello di Villa Santa Maria. Poteva servire per regolare i momenti del lavoro nei campi, scandire le pause e orientare le attività religiose, come la preghiera o il suono delle campane.
Oltre alla sua funzione pratica, la meridiana rappresentava un legame profondo con il ciclo della natura e il trascorrere del tempo. Simbolicamente, segnava l’interazione tra l’uomo e il cosmo, ricordando l’importanza del sole come fonte di vita e ordine.
Durante i lavori di messa in sicurezza della parete negli anni ’90, vi fu un "tentativo" di stabilizzare l’estremità circolare della meridiana con della malta cementizia, che ha finito per lambire l’orologio solare e alterarne in parte l’aspetto.
Le testimonianze raccolte dagli anziani del paese hanno aiutato a ricostruire la storia di questo antico strumento, che oggi rimane un importante tassello della memoria collettiva di Villa Santa Maria.
Il nostro impegno per riscoprirlo
Tiziana ci teneva moltissimo alla valorizzazione di questa meridiana. Per questo, insieme a Pina Teti e Alessandro Sabatini, abbiamo realizzato due servizi video per raccontare la sua storia e il significato che potrebbe avere avuto per gli abitanti di allora. Presto ve li riproporremo, con l’obiettivo di mantenere viva la memoria di questo prezioso reperto.
Con grande rammarico, dobbiamo constatare che, nonostante gli sforzi fatti in passato, non vi è stato alcun seguito concreto per la tutela e la valorizzazione di questo simbolo. La meridiana, lasciata a sé stessa, rischia di essere dimenticata o persino danneggiata dall’incuria del tempo.
Speriamo che questo nuovo racconto possa stimolare un rinnovato interesse verso la meridiana e, più in generale, verso il patrimonio storico e culturale di Villa Santa Maria. La nostra storia merita di essere conosciuta, valorizzata e tramandata alle future generazioni.
Tiziana e Mauro
Antichi reperti storici a Villa Santa Maria
Ogni tanto, io e Tiziana, attratti dai reperti storici e artistici, ci domandavamo: perché non valorizzare quel poco, ma prezioso patrimonio artistico che abbiamo nel nostro paese? Con un pizzico di spirito critico, riflettevamo su quanto sia curioso che, spesso, si ammirino monumenti e reperti in luoghi lontani, mentre non riusciamo a dare il giusto valore a ciò che, pur essendo poco, rappresenta tanto per Villa Santa Maria.
Passeggiando nel giardino pubblico dedicato al partigiano-cuoco Alberto Sabatini, ci si imbatte in due affascinanti frammenti archeologici che raccontano la storia di un luogo che fu centro di fede e comunità. Si tratta di due reperti provenienti dalla chiesa oppure dal piazzale antistante la Chiesa della Madonna in Basilica, trasferiti negli anni ’80 nel giardino pubblico per renderli visibili a tutti.
Cosa sono?
Base di colonna
La prima immagine mostra una base di colonna in pietra calcarea locale, lavorata con maestria. La forma presenta un toro superiore ben marcato, una modanatura convessa che collega la colonna al plinto e che era progettata per accentuare la transizione tra le parti verticali e orizzontali. Al di sotto, troviamo una scotia, una modanatura concava che crea un effetto di contrasto con il toro inferiore, più arrotondato. Questi elementi si poggiano su un plinto quadrangolare solido e regolare, che serviva da supporto alla struttura. Le proporzioni e la semplicità della decorazione richiamano gli ordini dorico o toscano, tipici di edifici sacri o civili tra il periodo romano e il medievale. La pietra calcarea locale era una scelta strategica per la sua durevolezza e facile lavorabilità.
Il capitello
Capitello
Nella seconda immagine si osserva un capitello, anch’esso realizzato in pietra calcarea. La struttura presenta scanalature verticali lungo il fusto, terminate da una linea di demarcazione sotto l’abaco, una lastra quadrangolare destinata a distribuire uniformemente il peso degli elementi soprastanti. Il toro superiore, al centro del capitello, funge da raccordo visivo e strutturale tra il fusto e l’abaco. L’assenza di decorazioni complesse suggerisce uno stile sobrio, adatto a un contesto rurale o a una comunità religiosa. La lavorazione sembra richiamare elementi medievali, databili tra il IX e il XII secolo, ma non si esclude che possa trattarsi di frammenti riutilizzati di origine tardo-antica.
Datazione e storia
Questi reperti provengono dalla chiesa oppure dal piazzale antistante la Chiesa della Madonna in Basilica, un luogo di culto fondamentale per la comunità locale. Probabilmente facevano parte dell’architettura della chiesa, integrati in un portico o in elementi decorativi interni. La base della colonna, con la sua struttura robusta, e il capitello, con il suo abaco scolpito con precisione, suggeriscono una fase costruttiva legata a un’architettura romanica con influenze classiche, ma la datazione precisa rimane incerta.
Negli anni ’80, i reperti furono trasferiti nel giardino pubblico dedicato al partigiano-cuoco Alberto Sabatini, dove sono tuttora visibili.
Anni addietro, gli studenti della scuola media di Villa Santa Maria, guidati dalla prof.ssa Gabriella Di Cicco, si occuparono dei reperti e dell’intera Chiesa della Madonna in Basilica, ottenendo anche un premio per i loro studi. Anche gli studenti e i docenti dell’Istituto Alberghiero contribuirono a ricerche e progetti legati a questo patrimonio. Alcuni di questi materiali si trovano esposti nel museo situato all’interno della Chiesa della Madonna in Basilica e nella guida storico-artistico-turistica su Villa Santa Maria di Antonio Di Lello.
Un invito alla scoperta
Se non li avete mai notati, vi invitiamo a passeggiare nel giardino pubblico dedicato ad Alberto Sabatini e a soffermarvi su questi antichi testimoni del nostro passato. Lasciamo che la storia del nostro paese continui a parlarci attraverso questi reperti.
Tiziana e Mauro

Un ingresso carico di storia e mistero: la Chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria
Ingresso e portone
Affascina per la ricchezza dei suoi dettagli architettonici e simbolici, che narrano una storia millenaria. Ogni elemento di questo portale sembra voler trasmettere un messaggio, intrecciando arte, storia e spiritualità.
Il portone in legno: testimone di epoche passate
Il portone principale, realizzato in legno massiccio, si presenta con un aspetto robusto e austero. Potrebbe trattarsi di legno di castagno, una scelta comune nei secoli passati grazie alla sua resistenza agli agenti atmosferici e alla sua durabilità. Il portone sembra essere stato restaurato nel corso del tempo, ma alcune parti, come i cardini e i dettagli scolpiti, potrebbero risalire al XVII o XVIII secolo. Questa struttura non è solo funzionale: il legno, lavorato con cura e pazienza, aggiunge un tocco di calore e accoglienza al maestoso ingresso.
Le colonne in granito: testimoni silenziose del passato
Ai lati del portone si ergono due colonne in granito, un materiale pregiato scelto per la sua bellezza e resistenza. Il granito, utilizzato fin dall’epoca romana, rappresentava solidità e longevità, qualità ideali per costruzioni destinate a durare nel tempo. Queste colonne, sobrie e prive di decorazioni, potrebbero risalire al I-II secolo d.C. e provenire da un edificio di epoca romana o medievale. Durante il Medioevo, il loro riutilizzo nel contesto cristiano simboleggiava un ponte tra il mondo terreno e quello spirituale, conferendo all’edificio un’aura di sacralità e continuità storica.
Il timpano: simbolo di fede e memoria


Il timpano
Sopra il portale si staglia un elemento curvilineo che potrebbe essere interpretato come un timpano semicircolare. Al suo interno, una decorazione tridimensionale raffigura un teschio con ossa incrociate, realizzata in pietra e probabilmente databile tra il XVII e il XVIII secolo.
Questo simbolo, conosciuto come memento mori, richiama la fugacità della vita e l’importanza di prepararsi alla vita ultraterrena. Il significato del "timpano" si intreccia profondamente con le catacombe sotterranee della chiesa, dove sono custoditi teschi e ossa di defunti. Questi resti, appartenenti alla comunità locale o a figure di rilievo, trasformano la chiesa in un luogo non solo di culto, ma anche di memoria e raccoglimento spirituale.
Un portale che racconta una storia millenaria
L’ingresso della Chiesa Madonna in Basilica non è solo un semplice portale, ma una vera e propria porta verso il passato. Ogni dettaglio, dal portone in legno alle colonne in granito, fino al "timpano" scolpito, invita a riflettere sulla vita, sulla morte e sull’intreccio profondo tra storia, fede e tradizione.
Cara Tiziana, nemmeno oggi sono riuscito a far volare il drone per catturare con maggior dettaglio l’ingresso e le sue meravigliose caratteristiche architettoniche. La tristezza mi invade, e mi trovo in difficoltà a concentrarmi sul lavoro, come se l'anima non fosse più pienamente connessa a ciò che mi circonda. Questa sensazione mi ricorda Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, dove l'autore esplora il peso della vita e il legame con le cose più profonde, quelle che ci sfuggono e che, in fondo, ci parlano di solitudine e memoria. Speriamo che al nostro prossimo incontro riusciremo finalmente a scrivere e documentare l'unico affresco che decora la chiesa, raccontando la sua bellezza senza tempo.
Tiziana e Mauro

La colonna votiva che si trova nel piazzale antistante la Chiesa della Madonna in Basilica.
La colonna votiva
Spesso io e Tiziana ci siamo chiesti della colonna votiva che si trova nel piazzale antistante la Chiesa della Madonna in Basilica. Di che materiale sarà fatta? Quanti anni avrà? E quella croce in ferro battuto, com'è stata realizzata? E soprattutto, perché è lì?
Scoprire la risposta è un viaggio affascinante che ci porta a capire che quella colonna non è solo un elemento architettonico, ma un simbolo di fede e tradizione che racconta la nostra storia.
La colonna, ubicata a circa 100 metri dalla chiesa, è realizzata in pietra arenaria. La sua datazione risale al XVIII secolo, quando venivano erette colonne votive per celebrare la fede e segnare luoghi di preghiera. La pietra, consumata dal tempo, conferisce alla colonna un aspetto antico che racconta secoli di devozione.
Il capitello modanato, che sormonta la colonna, presenta delle linee sobrie e semplici, caratteristiche di uno stile neoclassico, che emerge nella seconda metà del XVIII secolo. Il design equilibrato e funzionale riflette un ritorno alla purezza delle forme classiche, ispirandosi all'antica Grecia e Roma. Il capitello, pur nella sua essenzialità, si distingue per un'eleganza discreta, senza ornamentazioni eccessive, ma con una raffinata cura per le proporzioni. La pietra arenaria, levigata dal tempo, esprime una grande solidità e resistenza, simbolo della forza della fede che si tramanda nei secoli.
La croce in ferro battuto, fissata saldamente sul capitello, è un autentico capolavoro artigianale che risale probabilmente al XVIII o XIX secolo. Realizzata da artigiani locali, la croce è espressione dello stile barocco, che si caratterizza per la sua esuberanza decorativa e il contrasto tra forza e grazia. Le estremità arcuate della croce, con dettagli sinuosi e riccioli alla base, esprimono una dinamicità che si fonde con l'eleganza. Le linee curve e fluide sono tipiche del periodo barocco, che voleva suscitare un senso di movimento e trascendenza. Ogni dettaglio, dalla finitura lucida del ferro battuto agli ornamenti, richiama la ricchezza emotiva e spirituale tipica dell'epoca, mentre il ferro battuto stesso, con la sua robustezza, simboleggia la forza della fede.
Ma la colonna ha anche un'importanza profonda per la nostra comunità: ogni anno, durante la processione del 10 agosto, i fedeli portano in processione la statua della Madonna intorno alla colonna, compiono un giro simbolico per poi rientrare nella chiesa. Questo rito, che affonda le radici nel passato, è un momento di rinnovata spiritualità e di forte connessione con le tradizioni religiose locali.
Quella colonna e quella croce sono simboli vivi, testimoni di una tradizione che continua a legarci al passato.
Tiziana e Mauro
Un dettaglio affascinante della Chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria (CH)
Il rosone
La nostra curiosità e il nostro amore per l’arte ci hanno sempre spinti a cercare significati nascosti e dettagli preziosi in ogni opera, che fosse in pittura, scultura o fotografia. I dettagli nell'arte hanno sempre avuto per noi un valore speciale, aprendo le porte a un universo in cui forme, colori e simboli diventano narratori di storie senza tempo.
Vogliamo condividere con voi un altro elemento di grande bellezza che si trova nella Chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria: il rosone e il dipinto vetrato al suo interno.
Cosa rappresenta?
All'interno del rosone, il vetro istoriato raffigura simboli profondamente cristiani: una croce, un cesto di pani e dei pesci, richiamando il miracolo della moltiplicazione. Questi elementi non solo ricordano un evento biblico di grande significato, ma si fanno portatori di valori universali come la generosità, la fiducia e la condivisione.
La tecnica del vetro istoriato
Il vetro istoriato, o vetrata artistica, è una tecnica secolare che unisce arte e artigianato. Ogni sezione del vetro è realizzata a mano, colorata con ossidi metallici durante il processo di fusione e poi tagliata con precisione. Le diverse parti vengono assemblate con listelli di piombo, creando un puzzle luminoso che racconta una storia. Nel caso di questo rosone, le tonalità vivaci e la nitidezza delle linee suggeriscono un lavoro accurato e moderno, probabilmente eseguito nel XX secolo, ma con uno sguardo rispettoso alla tradizione.
La particolarità di questa tecnica è la sua capacità di interagire con la luce naturale: i colori brillano e prendono vita a seconda dell’intensità e dell’angolazione dei raggi solari. Questo rende ogni momento della giornata un’esperienza unica per chi ammira la vetrata dall’interno della chiesa.
Il rosone: un dialogo tra architettura e arte
La struttura esterna del rosone è un capolavoro di semplicità e artigianato, con la sua cornice in mattoni a vista che si integra armoniosamente nella facciata in pietra della chiesa. Questo elemento, tipico dello stile ottocentesco locale, parla di una tradizione che valorizza i materiali naturali e la maestria degli artigiani del passato.
Il vetro dipinto
Un simbolo di fede e luce
Dal punto di vista simbolico, il rosone rappresenta molto più di un elemento architettonico. È una finestra verso il cielo, un punto di contatto tra la dimensione terrena e quella divina. La luce che filtra attraverso il vetro istoriato non solo illumina l'interno della chiesa, ma diventa essa stessa un linguaggio spirituale, capace di trasmettere messaggi di speranza e fede.
Visita la Chiesa Madonna in Basilica a Villa Santa Maria e lasciati incantare dalla sua storia, dalla sua arte e dalla sua spiritualità. Un’esperienza che toccherà il cuore e l’anima.
Tiziana e Mauro

Un viaggio nella storia della Chiesa Madonna in Basilica a Villa Santa Maria
Lapide sul campanile
Ci appassionò questo luogo, spingendoci a osservare con curiosità e passione i dettagli architettonici di Villa Santa Maria. La voglia di immortalare questa bellezza ci portò davanti al campanile della Chiesa Madonna in Basilica, un monumento che sembra custodire secoli di storia e devozione popolare.
Una lapide ricca di significato
Sulla facciata del campanile, abbiamo notato una lapide in marmo, la cui iscrizione ci ha incuriositi e spinto a saperne di più. L’incisione e non bassorilievo, recita:
POPULI DEVOTIONE
RESTAURATIO
FUNDITUS INCEPTA
FUIT
A.D. MDCCCXLV
CYRIACO DI FRANCO ARCHIPRES.
La traduzione ci svela il passato:
"Per devozione del popolo, la ricostruzione fu intrapresa dalle fondamenta nell'anno del Signore 1845, sotto la guida dell'arciprete Ciriaco Di Franco."
Questa iscrizione ci racconta che la ricostruzione del campanile non fu un intervento ordinario, ma un’opera intrapresa grazie al forte senso di comunità e alla fede profonda della popolazione locale. Le parole "funditus incepta" sottolineano che i lavori iniziarono dalle fondamenta, il che suggerisce che una struttura precedente fosse ormai in rovina o non più adeguata. Forse il tempo e le intemperie avevano reso necessaria questa opera di riedificazione.
L’arciprete Ciriaco Di Franco, un figlio di Villa Santa Maria
Un dettaglio che impreziosisce questa scoperta è il legame dell’arciprete Ciriaco Di Franco con Villa Santa Maria, suo luogo di origine. Questo dato rafforza l’idea di un pastore profondamente radicato nella sua comunità, che non solo guidava spiritualmente i fedeli, ma si impegnava anche a lasciare un’eredità tangibile per le generazioni future.
Lapide sul campanile
Due epoche, un unico campanile
Osservando attentamente la struttura, ci siamo accorti che il campanile sembra appartenere a due periodi distinti:
  • La parte inferiore, dove si trova la lapide, è costruita con pietre grandi e irregolari, probabilmente risalenti a un’epoca più antica, forse medievale o rinascimentale.
  • La parte superiore, con archi in mattoni e una struttura più elegante, appare più recente, probabilmente aggiunta o modificata durante i lavori del 1845.
Un simbolo di fede e identità
Questo campanile, con la sua lapide, ci ricorda quanto fosse forte il legame tra la popolazione e la loro chiesa. È una testimonianza di come fede, comunità e architettura si intreccino per dare vita a opere che superano il tempo.
Condividiamo questa bellezza!
Oggi mi trovo e ritrovo in questo luogo, che custodisce non solo la storia incisa nella pietra, ma anche i ricordi più preziosi legati a Tiziana. Sento la sua presenza in ogni dettaglio, in ogni ombra e raggio di sole che accarezza queste mura. Questo luogo, così carico di significato, è diventato un ponte tra il passato e il presente, un rifugio di memoria e amore eterno.
Perdonami, Tiziana, se oggi non ho usato il drone a cui tu tenevi tanto; sono certo che le tre foto sarebbero, prospettivamente parlando, migliori.
Mauro e Tiziana
L’antica vasca in pietra nel piazzale della Chiesa Madonna in Basilica di Villa Santa Maria
Chiesa Madonna in Basilica
Continuiamo a raccontare tutto ciò che avvolge un pomeriggio di raggi di sole, mentre lacrime scivolano su un viso stanco, carico di ricordi.
Se vi trovate a visitare la Chiesa Madonna in Basilica a Villa Santa Maria, non potrete fare a meno di notare un manufatto intrigante che si trova nel suo piazzale. Si tratta di una grande vasca in pietra, scolpita a mano, che sembra raccontare una storia antica.
Descrizione del manufatto
La vasca ha una forma ovale allungata, con bordi irregolari e segni evidenti dell’usura del tempo. La superficie interna è liscia, mentre quella esterna presenta una texture grezza, punteggiata da macchie bianche che testimoniano la sua esposizione agli agenti atmosferici. È realizzata in pietra calcarea, un materiale tipico della zona, noto per la sua resistenza e la facilità di lavorazione.
Età e funzione
Gli esperti stimano che il manufatto risalga a diverse centinaia di anni fa, probabilmente al XV o XVI secolo. Sebbene la sua origine esatta non sia chiara, manufatti simili venivano spesso utilizzati per scopi pratici, come mangiatoie per il bestiame, vasche per il lavaggio o abbeveratoi. Tuttavia, non si può escludere l'ipotesi che possa essere un antico sarcofago romano o medievale, successivamente riutilizzato nel contesto rurale. La sua collocazione in un luogo sacro potrebbe anche suggerire un legame con rituali o usanze religiose.
Un simbolo di tradizione
Questo manufatto non è solo un oggetto storico, ma rappresenta un frammento della memoria collettiva di Villa Santa Maria. Esso racconta l’importanza del riutilizzo e della funzionalità nel corso dei secoli, un tratto distintivo della cultura locale.
Un invito alla riflessione
Ogni dettaglio di questa vasca in pietra è un invito a riflettere sulla storia e sulla tradizione di Villa Santa Maria. Vi invitiamo a visitare la Chiesa Madonna in Basilica per ammirare non solo la sua bellezza architettonica, ma anche i suoi dettagli nascosti, come questo affascinante manufatto di pietra.
Tiziana e Mauro
Il Pulvino della Chiesa della Madonna in Basilica a Villa Santa Maria
Il pulvino
"Ne discutevo spesso con Tiziana"
Sul fianco destro, lato sud, dell’ingresso principale della Chiesa della Madonna in Basilica a Villa Santa Maria si trova un pulvino in pietra di notevole interesse storico e artistico. La chiesa, oltre all’ingresso principale, dispone di una seconda entrata laterale, che consente un accesso alternativo e rende visibile questo elemento architettonico unico.
Ne discutevo spesso con Tiziana, e ora, trovandomi qui a ricordarla, mi tornano alla mente le nostre conversazioni su questo straordinario frammento di storia, che era per noi una piccola finestra su un passato ricco di significato.
Descrizione del Pulvino
Il pulvino è un elemento quadrangolare scolpito, caratterizzato da una raffinata decorazione a reticolo intrecciato. I motivi geometrici che si intersecano creano una trama intricata e regolare, un esempio di alto livello di maestria artigianale. Questa decorazione, tipica dello stile romanico, potrebbe avere un significato simbolico, rappresentando l'armonia e l'ordine cosmico secondo la tradizione cristiana medievale.
Nonostante l’aspetto del manufatto suggerisca che sia stato scolpito in pietra, non è possibile stabilirlo con certezza. Potrebbe trattarsi di calcare, marmo o un materiale composito, forse aggiunto durante un restauro o un riutilizzo in epoche successive. Questa ambiguità rende il manufatto ancora più interessante e meritevole di ulteriori studi.
L’elemento poggia su una colonna cilindrica in pietra calcarea grezza, priva di ornamenti, la cui semplicità contrasta fortemente con la ricchezza decorativa del pulvino. Questo accostamento suggerisce che i due manufatti abbiano origini diverse: il pulvino, probabilmente parte di una struttura monumentale più antica, potrebbe essere stato riutilizzato durante i lavori di restauro o modifica della chiesa.
Significato
Il pulvino rappresenta un importante esempio dell’evoluzione dello stile romanico locale, con influenze che potrebbero derivare sia dalla tradizione classica sia dall’architettura sacra medievale. L’uso di motivi geometrici complessi sottolinea un’attenzione all’estetica e al significato spirituale, che si combinano per creare un’opera al tempo stesso funzionale e artistica.
Conclusioni
Il pulvino della Chiesa della Madonna in Basilica è un elemento che racchiude storia, arte e tradizione. Continuare a valorizzare e studiare manufatti come questo consente di arricchire la comprensione del patrimonio culturale locale e di preservarlo per le generazioni future.
Mauro e Tiziana
Passeggiando e sostando presso la Chiesa della Madonna in Basilica (Villa Santa Maria, (CH)
Lapide marmoreaSulla parete della Chiesa della Madonna in Basilica si trova una lapide marmorea incisa, che testimonia un importante intervento realizzato nel XVII secolo grazie a Decio Caracciolo Rosso, arcivescovo di Bari e Canosa, appartenente alla prestigiosa famiglia Caracciolo.
A Dio Ottimo Massimo
Il muro, che un tempo sosteneva l'accesso alla Chiesa di Santa Maria Basilica e alla via della Basilica e della Campagna,
rovinato dalle acque impetuose del torrente del fiume Sangro,
il nobilissimo Decio Caracciolo, arcivescovo di Bari, affinché fosse di pubblica utilità e comodità,
lo fece ricostruire a proprie spese, con solide pietre squadrate, una volta e di nuovo.
Anno del Signore 1606

Lo stemma sopra l'iscrizione appartiene alla famiglia Caracciolo, una delle più nobili del Regno di Napoli.
Scudo con bande oblique: Lo scudo è decorato con tre bande oblique (in araldica dette "bandate"), che sono un elemento distintivo degli stemmi della famiglia Caracciolo.
Cappello prelatizio: Lo stemma è sormontato da un cappello con cordoni e 10 nappe per lato, disposte in quattro file, simbolo del rango di arcivescovo. Questo dettaglio identifica la connessione dello stemma con un membro della famiglia Caracciolo che ha ricoperto un alto ruolo ecclesiastico.
Contesto storico: L'iscrizione fa riferimento a Decio Caracciolo Rosso, arcivescovo di Bari e Canosa, e la famiglia Caracciolo era notoriamente una delle più potenti e prestigiose del Regno di Napoli, con diversi membri che hanno ricoperto ruoli sia nobiliari che ecclesiastici.
EMAIL: info@teletiziana.it
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